Oggi incontriamo Silvia Fabro, artista che ha messo San Daniele del Friuli al centro della sua arte. Silvia, durante lo splendido passaggio del Giro d’Italia nel nostro borgo, ha esposto – in una teca – una delle sue creazioni nell’area hospitality della manifestazione ciclistica. Un gioiello che richiamava simbolicamente il ruolo delle specificità della culla del Prosciutto Crudo più conosciuto al mondo: San Daniele del Friuli.
Le sue opere, Silvia Fabro, parlano un po’ di San Daniele e del suo simbolo, il prosciutto crudo. Al punto che ha deciso anche di omaggiarlo, in più occasioni. Come mai? Potrebbe parlarci delle creazioni che ha realizzato a riguardo?
Quello che mi ha spinto a farlo, è sempre la passione per la grande tradizione artigianale e industriale della regione. Un patrimonio che rappresenta una fonte inesauribile di promozione del territorio. Infatti, ho pensato alla collezione non come ad un gioiello fine a se stesso, ma proprio ad un veicolo di promozione turistica.
Il nome del gioiello è un gioco di parole tra “amuleto” e la traduzione inglese “ham” del prosciutto. Volevo che raccontasse la storia di un luogo a chi ancora non la conosceva e che permettesse alle famiglie emigrate all’estero da queste zone, di portarsi via un pezzo delle proprie radici. Racchiude in realtà tre eccellenze e simboli di San Daniele del Friuli: il prosciutto con il suo osso – rappresentato da una perla bianca o da un cristallo swarovski trasparente- , la “regina di San Daniele” –dove l’osso diventa l’occhio del pesce- quella rinomata trota affumicata che si riconosce ruotando il gioiello e, naturalmente, l’alta bigiotteria. La superficie fluida di hamuleto è un rimando alle linee flessuose delle colline di questa terra.
E’ un gioiello dalle forme pulite e facile da indossare, per uomo e donna. L’unico fabbricante autorizzato alla sua produzione è proprio una delle due aziende, che ancora opera sul territorio. I gioielli son tutti liberi da nickel, piombo e cadmio, quindi totalmente anallergici. Le finiture, le incassature delle perle e dei cristalli, l’etichettatura, tutto è interamente fatto a mano.
Silvia, la sua storia è molto articolata e particolare. Ce ne può parlare?
Con piacere! Sono figlia di friulani, emigrati da giovanissimi nel secondo dopoguerra. L’infanzia la trascorsi nel nord della Germania, poi per gli studi mi trasferii in Italia. Dopo il diploma d’Arte Applicata mi specializzai nella progettazione degli interni e del prodotto d’arredo. Iniziai presto il mio percorso professionale nel mondo del design. Erano gli anni dei tecnigrafi e delle prospettive fatte a mano. Amavo sperimentare, scoprire nuovi materiali e confrontarmi con gli artigiani: in Friui c’era molto da imparare.
Entrai in contatto con i grandi marchi del design e mi appassionai alla storia industriale ed artigianale del nostro Paese e della nostra regione. L’idea del progetto hamuleto® è nata al termine di un’esperienza professionale in Austria, durata sei anni. In Friuli, ebbi l’ulteriore conferma di vivere in una terra dalle enormi potenzialità. Proprio per questo, ora fornisco servizi di consulenza e progettazione alle piccole e medie imprese del territorio.
Cosa l’ha spinta a scegliere San Daniele del Friuli come sua casa?
Ho iniziato a frequentare San Daniele tanti anni fa, mi affascinava l’idea dal microclima particolare, la sua dimensione di paese raccolto, adagiato su un colle e meta di turisti per la qualità dei suoi prodotti.
Poi, la sua posizione geografica: esattamente al centro della regione. E’ facile raggiungere rapidamente tutti i capoluoghi, il mare e le montagne. Non ultimo, il Re dei fiumi, il Tagliamento, che scorre nelle vicinanze di San Daniele; il paesaggio del Friuli Centrale è sempre un’ispirazione.
L’intera a filiera del prodotto è Made in Friuli Venezia Giulia. Il marchio è registrato e il modello depositato. Le informazioni si trovano sul sito www.fabrodesign.it
San Daniele ha, anche se pochi la conoscono, una tradizione legata a un lato della sua professione, cioè la bigiotteria. Ce ne può parlare?
E’ una tradizione che meriterebbe essere ripresa e ancora tramandata, perché per mezzo secolo San Daniele è stato il punto di riferimento per la bigiotteria nell’Alta moda, nazionale ed internazionale. Parliamo di grandi marchi, come Valentino, Versace, Moschino, Yves Saint Laurent.
Quello che ho ascoltato dai racconti dei sandanielesi, affascinerebbe qualsiasi turista: tutto ha inizio con Vittorio Pellissoni, un emigrante che negli anni del dopoguerra, a New York impara l’arte della riproduzione fedele dei gioielli preziosi. Le famiglie facoltose preferivano tenere gli originali al sicuro ed esibire in pubblico le copie perfette, che questi artigiani specializzati erano in grado di creare. Lo stesso avveniva per il mondo del cinema.
Quando Vittorio rientra a San Daniele, apre il suo laboratorio e diventa un’attività florida, dove i suoi concittadini iniziano a lavorare. Il sapere si diffonde e di lì a poco nascono altre realtà. Un comparto importante, che ha dato lavoro a moltissime persone, fino ai primi anni ’80. Oggi rimangono solo due aziende a rappresentare un patrimonio che non andrebbe disperso, ma protetto e sostenuto.
Proprio in riferimento a questo, cosa l’ha spinta a dirigersi verso questo campo artistico?
Credo nell’unicità, nell’importanza dell’artigianato e il gioiello ne è una preziosa espressione. Soprattutto ora che il mercato è sempre più globalizzato, è il momento di esaltare le differenze che rendono uniche l’arte del “saper fare”.
Sta lavorando o ha in previsione di lavorare su nuovi oggetti che mettano al centro il luogo che tocca con mano ogni giorno?
Si, ci sono nuovi progetti a cui sto lavorando e che prevedono anche il coinvolgimento di preziose realtà locali. Questo è il momento dello sviluppo dell’idea progettuale e della pianificazione; per la realizzazione sono ancora necessari due elementi importanti: la ripresa del mercato e collaborazioni disposte a crederci.